Glass Box

Constructing models. Montage as a tool for making architecture

 

Questa non è l'epoca per portare a termine qualcosa. Questa è l'epoca dei frammenti

Marcel Duchamp

 

I riferimenti e le pratiche sono fondamentali per costruire una propria visione del mondo, Ettore Sottsass sosteneva che per disegnare architetture sono necessarie altre origini, informazioni e cataloghi dai quali attingere idee e modelli. [1]

Per questo  ogni giorno, dal mio archivio personale, cerco di comporre un catalogo d’idee da assemblare di volta in volta, sono appunti, possibilità, che ho chiamato annotazioni. 

Le annotazioni sono forme astratte, figure senza sfondo, servono per assimilare il reale. Creano un immaginario che vuole annullare l'autonomia  dell'immagine. L'immaginazione crea concatenazioni semiotiche che non corrispondono alla combinatoria esistente dell'immagine che registriamo quotidianamente.

Nel suo Morphologie. City Metaphors (1982), Oswald Mathias Ungers propone un modo di pensare e progettare attraverso metafore e analogie prodotte attraverso le immagini, e mostra l’idea attraverso figure che poi si ricompongono di volta in volta con un progetto.

Questo sistema di pensiero e riflessione accompagna il lavoro di ogni architetto, l'archiviare immagini va in parallelo con il creare immagini, che poi lentamente si trasformano in qualche cosa d’altro, oppure una volta accostate tra di loro definiscono dei modelli di lavoro legati a tematiche specifiche.

The model is an intellectual structure setting targets for our creative activities, just like the design of model-buildings, model-cities, model-communities, and other model conditions supposedly are setting directions for subsequent actions. [2]

Essendo le immagini al centro della nostra cultura, è importante rileggere queste parole dell’architetto tedesco. La sua tesi contrasta il funzionalismo del periodo in cui è stato scritto, per Ungers, la teoria è uno dei tanti modi di vedere e conoscere il mondo. Teoria come lettura della realtà, come attribuzione di altri significati ai segni, e di conseguenza architettura come strumento interpretativo della teoria. [3] In concreto, Ungers cerca di semplificare il processo di costruzione del progetto, per lo stesso motivo penso sia estremamente importante non considerare le annotazioni come riferimenti formali ai progetti ma solo come occasioni di riflessione su temi specifici, strumenti di pensiero.

Le immagini così concepite, diventano modelli, che non descrivono ma sottolineano determinate riflessioni concettuali su un tema specifico. Danno indicazioni, creano le condizioni per riflettere, sono luoghi di confronto. L’osservatore diventa produttore di contenuti attraverso le sue riflessioni. La struttura, la forma, la spazialità, la necessità di utilizzare la forma architettonica come forma espressiva, sono secondarie rispetto alle tematiche raccolte.

Il montaggio è usato come strumento d’annotazione di idee, produce strategie narrative attraverso operazioni semplici: moltiplicazione di segni, cambi di scala, inversioni, innesti, sovrapposizioni, cancellazioni. Operazioni utili per porsi delle questioni relative al progetto che solo in un secondo tempo possono essere applicate all’architettura. [4]

Le annotazioni sono un primo strumento attraverso il quale mettere ordine nell’ archivio personale, l’archivio nasce da un’affezione a dei segni, un frammento, uno spazio, un’immagine ci colpisce più di un’altra allora la conserviamo, alle immagini si accompagnano testi, citazioni estratte da libri che ne sono parte integrante.

Le annotazioni messe una accanto all’altra formano un’Atlante interpretativo della realtà. Annotare è allo stesso tempo un processo progettuale e una pratica che cerco di sviluppare in chiave metodologica. È vero che in questo modo si aggiungono immagini ad un mondo d’ immagini ma è anche vero che così ho la possibilità di riorganizzare i frammenti del reale per costruire il mio Atlante.

Costruire un Atlante nella definizione che ne dà Aby Warburg, che utilizza la fotografia per costruire un suo percorso cognitivo: ritagli, riproduzioni sono utilizzati per organizzare una narrazione, poi le tavole prodotte sono fissate da una rappresentazione fotografica che determina una posizione precisa dei frammenti, i montaggi creano delle sequenze da interpretare. Costruire un Atlante in questo modo è un’esperienza di ricerca per la costruzione di nuovi significati.

Le annotazioni per me costruiscono una narrazione, che ripercorre temi affrontati anche progettualmente, nel corso della mia attività di architetto.

Oggi tutto questo sembra un’ovvietà, ma sono convinto che proprio perché siamo circondati da tante immagini sia ancora più importante trovare un modo per pensare attraverso le immagini, mettendo in piedi un processo d’organizzazione e catalogazione fisico e mentale di questo grande patrimonio culturale, che sta lentamente sostituendo il reale. Restituirgli una posizione all'interno di un processo conoscitivo significa prima di tutto riconoscere all'immagine un valore diverso.

La serialità ha reso queste annotazioni una forma narrativa che si avvicina alla pratica del disegnare che forse oggi può essere ancora una volta usati come strumento per creare una nuova lingua che liberi il meccanismo del pensiero dalla trappola del già pensato.

Non esiste un ordine preciso,  la stessa immagine rimanda a storie e progetti diversi, e può essere usata in modi diversi.  In questo processo l’osservatore diventa produttore di contenuti.

Questo tipo di operazione di assemblaggio rifiuta completamente ogni valenza formale e attribuisce un significato diverso dall’originale alle nuove immagini prodotte.

Tra il 1929 e il 1934 Max Ernst compose tre diversi romanzi raccolti oggi nel volume Una settimana di bontà [5] erano gli stessi anni in cui André Breton aveva proibito ai surrealisti la costruzione di romanzi, Ernst per arginare questo divieto aveva creato un genere nuovo, il romanzo-collage. Con questo suo lavoro reinventò le regole del raccontare, cercò tra le pagine dei vecchi libri e le rimise insieme rifacendosi alle incisioni su legno dell’epoca ispirate ai romanzi popolari, alle riviste di scienze naturali e perfino ai cataloghi di vendita, tagliando con estrema minuzia i disegni che attirano la sua attenzione per poi assemblarli portando la tecnica del collage ad un’estrema perfezione.

Il risultato finale è tale che ogni collage comporta la formazione di un meccanismo che dà origine a storie straordinarie.

In questa pratica Ernst dà forma ad un Atlante, in cui una geografia di segni ricrea una realtà ed un’atmosfera decadente e oscura, è come se Ernst avesse ritagliato dal flusso delle grandi scene dei romanzi dell’epoca alcuni dei momenti più eccezionali trasformandoli in movimenti lenti in cui l’interpretazione della realtà si condensa in pochi gesti imprevisti. Immagini completamente nuove, inconsuete che dovevano stabilire un altro livello di realtà nel moderno, un livello imitato e riprodotto ad oltranza nell’arte contemporanea.

Ernst c’insegna una cosa importante, che l’invenzione è frutto di una riflessione su ciò che gia conosciamo, immagini che attraverso l’accostamento con altre immagini generano un nuovo significato. I montaggi sono immagini difformi alla conseuetudine: Nel mondo di rovine del Moderno Max Ernst storceva e riaggiustava per far apparire tra le macerie i fantasmi del nuovo, c’era al lavoro la legge analogica che rompeva le parvenze in cui le cose si univano per luoghi comuni e ritrovava le cose per accostamenti imprevedibili, quelli che nessuno ha ancora visto e il cui significato è sempre ambiguo…

 

Natura delle immagini selezionate

Le origini delle mie immagini hanno provenienze diverse.

I frammenti vengono estratti dall’archivio, l’ origine è comunque importante perché custodisce tempi e luoghi, che interagiscono con la memoria.

Cartoline, fotografie d’architettura e paesaggi, dipinti, foto personali, si sovrappongono di continuo.

Heinrich Wolfflin (117) più volte sottolinea nel suo lavoro l’importanza di leggere i dipinti come parti di serie piuttosto che come opere singole in relazione con la natura che li ha ispirati, la serialità contiene e definisce l’origine dell’opera. Ogni serie è una riflessione su un argomento specifico. Per questo Le serie che ho organizzato hanno motivazioni e utilizzi diversi.

Uso queste immagini per la costruzione del progetto, o per definire con chiarezza una linea di lavoro quando insegno o scrivo. Alcune immagini prendono forma in seguito alla lettura di un testo altre semplicemente nascono dall’osservazione di una singola fotografia, nascono casualmente e solo il tempo gli attibuirà un significato.

Le cartoline definiscono con precisione luoghi ed architetture che di per se hanno un iconografia ben precisa, così come le fotografie di architettura che selezionano edifici canonici la cui importanza formale li rende perfetti ed efficaci nella loro adattabilità e riconoscibilità. Questi edifici anche se stravolti e reinventati mantengono intatta la loro origine e possono essere letti come elementi con una loro storia indipendente, cha amplifica il significato della nuova immagine prodotta. Le foto personali sono pensate fin dall’inizio in relazione allo scopo di essere utilizzate per un determinato montaggio piuttosto che un altro (118).

La cartolina è già una selezione di un determinato frammento, è in un certo senso un’annotazione scelta per raccontare la città ma anche i cambiamenti attraverso il confronto tra tempi diversi, quelli dell’immagine e quelli del momento in cui vengono utilizzate.

Riprese a distanza di tempo le cartoline rappresentano la nostra memoria. I luoghi rappresentati assumono un ruolo chiave nella definizione dei montaggi.

La serie di fotografie su edifici che sono parte della storia dell’architettura riflette invece sul senso di evoluzione della disciplina, ogni edificio infatti contiene le tracce di altri edifici, in una sorta di processo evolutivo, lavorare sulla modificazione di edifici esistenti significa rendere il processo evolutivo evidente, non necessariamente queste evoluzioni rappresentano direttamente nuovi edifici, ma definiscono una pratica estetica di appropriazione di ciò che esiste nel nostro immaginario.

 

La Stampa su vetro

Molte delle annotazioni sono oramai prodotte in digitale, ma la loro restituzione a stampa cerca di definire un nuovo territorio di ricerca, trasportando la divisione per piani successivi del software che le genera in una stratificazione realizzata attraverso la stampa su lastre di vetro sovrapposte.

La stampa su vetro permette di avere una distanza tra i piani questa distanza restituisce all’immagine una sua tridimensionalità, la rende reale.

La trasparenza del vetro è poi una caratteristica precisa che consente di guardare le immagini prodotte da due punti di vista diversi. Il fronte e il retro. Il vetro è la matrice di una doppia visione.

 

Note

[1] Ettore Sottsass scritti neri pozza

[2] Morphologie. City Metaphors (1982), Oswald Mathias Ungers Walther Konig, Colonia

[3] E’ molto importante distinguere la teoria dalla costruzione di immagini, la teoria infatti si costruisce nel tempo solo attraverso il progetto.

[4] Preferisco quindi, parlare di strategia operativa piuttosto che di teoria.

[5] Op cit 54

 

* * *

 

This is not the time to accomplish something. This is the age of the fragments

Marchel Duchamp

 

Reference and practice are fundamental to build its own vision of  the world, Ettore Sottsas affirmed that in order to draw architecture other origins, information and  catalogues are necessary to obtain ideas and models. [1] That’s why every day, from my personal storage, I try to compose a catalogue of ideas to assemble from time to time, they are notes, possibilities which I called annotations.

Annotations are abstract forms, figure without background, used to assimilate the real. They create an imaginary useful for undoing freedom of image. The imagination create semiotic links not matching the existent combinatory of image registered on a daily base.

In its Morphologie. City Metaphors (1982) Oswald Mathias Ungers propose a way of thinking and projecting through metaphors and analogy produced through images , showing the idea that throughout figures that later recompose from time to time on a project. 

This school of thought and reflection go along with every architect work. To store images goes in parallel with creating images, which are slowly transformed on something else, or once compared define working models linked to specific themes.

The model is an intellectual structure setting targets for our creative activities, just like the design of model-buildings, model-cities, model-communities, and other model conditions supposedly are setting directions for subsequent actions. [2]

Images are the focal point of our culture, it’s very important to read again the words of the German architect. His thesis oppose the functionalism of the period when it was written. To Ungers theory is one of the many ways of seeing and knowing the world. Theory to interpret reality, to confer other meanings, to signs and consequently architecture as an instrument to translate theory.  [3] Concretely Ungers try to simplify the project building process, for the same reason I believe is extremely  important not to consider notes as a project formal reference but only as circumstances to reflect on specific themes, instrument of thought.

Images so conceived become models not describing but underlining resolute conceptual decisions on a specific themes. Giving indications, creating the conditions to reflect, places to debate. The observer become content’s producer through his reflections. The structure, the form, the space, the necessity to use the architectonic shape as an expressive one,  are secondary compared to the collected themes .

Montage is used as an instrument to take note on ideas, produce narrative strategy through simple operations: multiplying signs, scale exchange, reversals, grafts, superimposing, erasing. Necessary operations to pose relative questions on a project that only  at a later stage can be applied on architecture. [4]

The annotations are the first instrument through which we can put some order on a personal storage. The storage is generated by an affection on signs, a fragment, a space, an image striking us more than another, we store it, therefore to images we combine texts, quotes taken from books  being its integral part.

Annotations put one next to the other make an interpretative Atlas of reality. Taking notes is a project process and a practice I try to develop in a methodological key. It’s true that in this way I have the possibility to re-organize fragments of reality to build my Atlas .

To build an Atlas on a definition given by Aby Warburg, who employ photos to build a cognitive process: cut out, reproductions are used to organize a tale, then the chart produced are fixed through a photo representations which determine an accurate place of the fragments, montages create sequence to be interpreted. To build an Atlas on that way is a research experience to construct new meanings.

Notes to me can build a narration, retracing themes dealt with projecting, during my architectural activity.

Today all this seems obvious, but I’m convinced that precisely because we are surrounded by many images it’s even more important to find a way of thinking through images, putting in place a cataloguing and organized process both physical and mental of this huge cultural asset, slowly replacing reality.  Reestablishing a position inside a cognitive process first of all means to acknowledge on image a different quality.  The serial has conveyed to this annotations a narrative shape much near to the drawing practice than maybe today can be once more used as an instrument to create a new language freeing the thought mechanism from the past trap of what we have already thought.

A precise order doesn’t exist, the same image refer to stories and different projects and can be employed in different way. In this process the observer becomes producer of contents. This kind of assembling operation refuse completely any formal value and attribute a different meaning from the original to the new images produced.

 

The character of the selected images

The origin of images have different sources.

Postcards define accurately the location and the architectures having in itself a precise iconography. As architectural photography selecting canonic buildings where the formal importance make them perfect and efficient to be adaptable and recognizable.

This buildings, even twisted and reinvented, maintains intact their origin and can be read as elements with its own independent history, amplifying the meaning of the new image produced. The personal pictures are thought from the beginning in relation to be employed for a determined montage more than another. The building picture which are part of the history of architecture reflect, on the other way, on the meaning of the discipline evolution. In fact every building contain traces of other buildings, in a kind of evolutionary process, working on modifying existent building means to make the evolution process undeniable, not necessarily this evolutions represent directly new building, but define an esthetic activity of appropriation of what exist in our imaginary.

 

The printing

Many annotations are digitalized, going back to printing try to define a new research territory, bringing the divisions on the software different levels generating a stratification realized through the print of glass sheet superimposed. The glass printing allow to distance the surface, this distance reestablish the image tridimensional, making it real. The glass transparence is a precise characteristic able to look at images produced on two different point of view. The front and the back. The glass is the matrix for a double visions.

 

 

Notes

[1] Ettore Sottsass scritti neri pozza.

[2] Morphologie. City Metaphors (1982), Oswald Mathias Ungers Walther Konig, Colonia.

[3] It's very important to distinguish the theory of building images, the theory is build during time only through the project.

[4] Then I prefer to talk about an operative strategy more than theory.