Centro Polifunzionale Spelonga

Progetto : Arch. Gianluca Fontana

Strutture : MTM Progetti srl _ Ing. Rocco Maffei

Impianti : Studio Associato FMR _ Ing. Gianfranco Fallone

Impresa : F&D COSTRUZIONI di Perella Federico & C. Sas

Ricostruire una comunità. 

In un territorio così gravemente ferito dalla disastrosa sequenza sismica del 2016, nasce un edificio vocato alla socialità, all’aggregazione, alle attività in comune. Un centro multifunzionale che si assume il compito di ricucire un tessuto sociale, strappato violentemente alla tranquillità festosa e autentica di un paese di montagna, dove il senso d’appartenenza ha radici salde e fortemente identitarie.

Spelonga, frazione di Arquata del Tronto, - come tutti i paesi duramente colpiti - ha subito in modo importante le conseguenze del terremoto, che non ha solo stravolto la sua fisionomia, ma ha spazzato via dei punti fermi, delle connessioni indispensabili alla vita di una comunità, ha sottratto scenari e orizzonti pieni di storia, di emozioni, di significato.

Questo edificio - concepito come centro aggregativo temporaneo adiacente all’area destinata alle SAE moduli abitativi di emergenza - vuole ridisegnare una socialità nuova, che custodisca la memoria del passato e che accolga possibilità nuove e diverse. In questo senso, è proprio la vocazione multifunzionale a dettare le forme al centro aggregativo, che accoglie al suo interno una sala-cinema, dotata di schermo e proiettore, che all’occorrenza è anche spazio per attività ludiche o culturali, ma anche biblioteca e cineteca. Mentre le falde della copertura all’esterno diventano gradoni per assistere a spettacoli o eventi all’aperto, ma anche scale che conducono a una terrazza panoramica dove un binocolo permette ai turisti, ma non solo, di scrutare i particolari dell’imponente monte Vettore, che fa da quinta teatrale all’intero edificio.

Ma non solo. La parte interna dell’edificio è una teca per i tesori artistici e storici del paese, scampati ai danni del sisma, ma non più al sicuro nelle loro vecchie collocazioni. Tra tutti, la più importante è la bandiera turca del 1571, cimelio della battaglia di Lepanto, che da allora gli spelongani hanno custodito gelosamente nella chiesa del paese, oggi inagibile, a testimonianza dell’impresa di 150 paesani che parteciparono alla celebre battaglia al fianco della flotta della Lega Santa, contro i Turchi ottomani. Pagina storica, questa, che è diventata nei secoli il cuore pulsante della memoria e del senso d’identità dei paesani e a cui oggi è dedicata una parete interna dell’edificio.

A completare le molteplici vocazioni della struttura, ricordiamo che la domenica e i giorni festivi il centro polivalente ospita le funzioni ecclesiastiche, anche queste da ormai tre anni private di spazi consoni.

Oltre alla versatilità funzionale, l’edificio si caratterizza per un’accentuata connessione tra interno e esterno. Sia la continuità dei materiali, sia l’ampiezza delle vetrate che occupano la quasi totalità delle pareti laterali, contribuiscono a percepire l’edificio come una sorta di “piazza coperta”, che dispone di spazi chiusi ma che suggerisce anche l’utilizzo di quelli aperti adiacenti. In questo modo, viene rimarcata la vocazione pubblica, sociale e collettiva dell’edificio, che invita alla condivisione e alla fruizione contemporanea dei diversi spazi. Proprio come accade naturalmente in una piazza, luogo di incontro ma anche di coesistenza di diverse e molteplici attività. In questo senso, si tratta di un’operazione di paesaggio, in quanto parte integrante della struttura e delle sue funzioni è la sua parte esterna, tanto quanto quella interna. A contribuire in modo importante a questo annullamento del confine dentro-fuori, chiuso-aperto, interno-esterno, è la grande vetrata triangolare che ospita, perfettamente angolata, una delle più suggestive e imponenti vedute del Monte Vettore, che in questo modo entra prepotentemente nella sala interna, invitandoci costantemente ad approfondirne la vista e la contemplazione sul belvedere soprastante.

L’integrazione paesaggistica dell’edificio è realizzata anche attraverso l’attento uso dei materiali e dei colori utilizzati, oltre che dei codici formali presenti. In particolare, la terracotta di rivestimento è una chiara citazione dei materiali locali, in questo caso reinterpretati attraverso formelle dal design originale, che danno alle falde della struttura una vibrazione di luci ed ombre mai uguale a se stessa. È immediato nella copertura il richiamo al caratteristico marrone della terra dei Monti della Laga, mentre il pavimento rimanda al grigio dell’arenaria, roccia locale e pietra da costruzione dei paesi della zona. Non ultimo il legno della sala interna, materia prima onnipresente nelle abitazioni montane di territori circondati dai rigogliosi boschi del Parco nazionale della Laga. Anche i codici formali richiamano le geometrie piramidali e aguzze delle cime dei monti marchigiani e abruzzesi, che circondano Spelonga, il Vettore davanti e Pizzo di Sevo alle sue spalle. Dal punto di vista tecnico, le falde costituiscono la migliore soluzione per la neve, che a quota 1000 metri è un elemento costante nei mesi invernali. Le falde, inoltre, giungono fino a terra rivestite da una parete ventilata, che garantisce lo smaltimento dell’acqua piovana e una parziale climatizzazione dell’ambiente interno.

La ricerca formale inserisce in modo molto naturale l’edificio nel territorio circostante, ma richiama allo stesso tempo anche altre suggestioni. La ricorrente forma triangolare rimanda non a caso ad un archetipo, che suggerisce un ritorno al grado zero dell’architettura, ai primi insediamenti rurali, che in un contesto di tale distruzione dovuto al sisma, che ha raso al suolo tante costruzioni e tanta memoria storica, non può non essere una dichiarazione di intenti. Un necessario ricominciare da capo, con uno sguardo alla natura e un altro alla storia.