Biennale 2008 Exhibit | Venezia

L'uso delle immagini ha trasformato radicalmente il dominio del visibile: tutto ciò che non è degno di diventare immagine codificata appare ormai desueto e l'architettura sposta l'attenzione dal reale verso la sua rappresentazione; il reale si trova di conseguenza sotto pressione, si indebolisce, mentre l'immagine a cui siaccompagnano slogan e parole standardizzate trionfa.

La crisi mondiale e il pensiero ecologico stanno mettendo a dura prova la società dell’immagine. L'immagine, per sopravvivere, dovrà essere integrata da nuovi valori: ecologici, biologici, politici, sociali, economici e spaziali.

In questo contesto ogni proposta di rinnovamento urbano pensata per avere un grande impatto sull'opinione pubblica è sempre di più legata ad un’immagine di città piuttosto che ad un’idea di città.

Per questo, pensando al futuro di Roma, piuttosto che prefigurare una nuova immagine, abbiamo tentato di definire un’idea di città, attraverso la quale sia possibile considerare l’architettura come ricerca sui limiti e sui campi d'azione che questi stessi limiti definiscono.

Oggi ci troviamo di fronte ad una Roma in continua crescita, dove il pubblico è il soggetto debole e la pianificazione è demandata agli interessi privati secondo un modello di economia urbana che non ricerca più la qualità dei luoghi ma, come afferma Zygmut Bauman, ha reciso tutti i legami con i luoghi reali.

Le responsabilità del mercato si sono generalmente limitate a programmi incompleti e senza prospettive. Questa condizione di diversità di intenti tra le politiche pubbliche e private sta creando due città parallele che si sovrappongono e sviluppano in direzioni diverse pur condividendo lo stesso spazio. In questo sviluppo bipolare è importante considerare che gli abitanti delle città hanno bisogno di spazio, letteralmente e metaforicamente, per sviluppare qualsiasi attività.

Ripensare il centro di Roma è una questione primaria; parlare di nuova ecologia della città significa prima di tutto occuparsi del suo sviluppo partendo da ciò che esiste ed è già consolidato: è fondamentale lavorare e manipolare l’esistente.

L’architettura a Roma non riguarda solo l’architettura: la città grida disperata la sua richiesta di attenzione. Non per icone, per rendita, ma per un’ispirata visione di futuro che abbia il coraggio di partire dalla città pubblica.

Re-living the center è un progetto che propone nuovi concetti spaziali capaci di rispondere a domande politiche, e concetti politici capaci di offrire prospettive per una nuova idea di spazio.

Il centro storico di Roma è adottato come paradigma di tutti i centri storici italiani, in cui la popolazione diminuisce perché si privilegia la rendita fondiaria: oggi a Roma vivono meno di 100.000 abitanti, mentre nel 1951 erano 370.000. Reintrodurre residenza nei centri storici significa, dunque, andare contro le tendenze del mercato, ma significa anche creare le condizioni per cui le nostre città non si trasformino in un parco a tema.

È possibile ri-abitare il centro storico di Roma operando una sostituzione funzionale: lo spazio per nuovi alloggi lo troviamo all’interno di edifici pubblici sottoutilizzati, come caserme, uffici pubblici e ministeri che, una volta decentrati, possono essere sostituiti da prototipi abitativi che mettano a sistema l’ottimizzazione dell’uso del suolo e le diverse esigenze abitative contemporanee.

L’idea è di individuare edifici in aree sensibili, demolirne gli interni ma lasciare intatte le loro facciate, che diventano i limiti attraverso i quali far dialogare passato e futuro; una volta individuati tali limiti sarà possibile ripensare la tipologia insediativa.

All’interno di questi recinti, si sovrappongono e si integrano tra di loro spazi urbani, tipi abitativi e paesaggi naturali che appartengono alla memoria dei luoghi.

Questi insediamenti abitativi in centro possono salvare la città pubblica, oggi sempre più povera di funzioni e complessità, ripopolandola. Il progetto costruisce un’idea di comunità, definisce uno stile di vita non strettamente legato all’alloggio quanto al contesto in cui si inserisce.

I centri storici infatti non sono soltanto strutture fisiche. Sono un complesso e delicato equilibrio di abitanti, di servizi e di luoghi pubblici, di piccole attività commerciali ed artigianali, e vanno considerate nella loro interezza. Per questo all’interno dei recinti si progetta la complessità, assumendo la forma del limite che lega il sistema urbano allo spazio vuoto come punto di partenza, ma anche come un dispositivo volto all’azzeramento del linguaggio architettonico e alla crescita della complessità funzionale.

In questo modo l'immagine di città potrà ri-nascere da un'idea di città.

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To keep expanding our cities only in the suburbs is not a valid solution for current housing problems; appropriate solutions are needed to engage historic centers.

A study of the historic center of Rome can be thought of as a paradigm for an analysis of all Italian historic centers; nowadays less than 100.000 inhabitants live there, in an area which numbered 370.000 inhabitants as recently as 1951. The main cause of this process of progressive empting that took place from 1950 to 1970 has been the uncontrolled expansion of the tertiary-administrative quarters in the central areas of the city, a process that is still continuing to be pushed by three main factors, which started to evolve in the ’80s:

• The financial profit: downtowns are exclusively transformed according to economic “needs,” seeking mainly the increase of property value; the residential emptying produces the disappearing of the neighborhood structures and dynamics that have always characterized the city's life and complexity.

• Tourism: the invasion by the “tourism machine” causes the replacement of residential uses with accommodation facilities and results in the eviction of residents. In various areas of the historic center the daily number of tourists is at least twice the number of inhabitants in the same areas. Tourist-oriented structures are becoming the prevalent program; the downtown commercial fabric, traditionally constituted by small businesses, is disappearing, to be replaced by large shopping malls in the outskirts of the city.

• University: in Rome there are three large public universities, and the same amount of private universities plus a series of specialized institutes. Since there is not a dedicated response to their housing requests, students are forced to look into the normal residential market, so that they often replace most of the residents who used to live around university campuses.

If we want to stop this residential emptying of historic centers we need to activate an urban renewal process before the residents of the different “rioni” [historical neighborhoods] drop below a security level, and all the businesses are destined exclusively to the mass tourism circus. Our idea is to demolish under-used buildings and to retain only their facades, that can be a sort of threshold by which Past and Future can dialogue.

The housing prototype, inserted in a structured existing fabric, let us think about the concept of “City Recycle,” departing from the absolute value of the city itself, and its being urban space. Within the chosen enclosures, urban facilities, private housing and natural landscape – all parts of the memory of the places – overlap and integrate with each other. Indeed, enclosures will not only accommodate the new housing prototypes, but they will define portions of natural environment to rebuild a city landscape substratum.

Through the facades – edge connecting the urban system and the new public space – we design the complexity of a new daily life. The border symbolized by the facades, we achieve a cancellation of the language and an intensification of the functional complexity.

The residents reclaim in this way the salvation of the public city, today more and more lacking in functions and complexity. The project is grounded on an idea of community life and it defines a life-style that is not strictly connected to the house but rather to the context where it is inserted. In fact, the historic centers are not only physical structures, but complex and delicate balances among inhabitants, facilities, public spaces, small commercial and artisanal activities, which need to be considered in their entirety.

The proposed prototype is constituted by a mixed-functions hybrid building: parking, commercial activities, working spaces, housing, all together to define a way of life rising from the dialogue among past and future.

Re living historic center is a project that proposes new spatial concepts which provide answers to political questions and political concepts which offer perspectives for a new spatiality.

If the homogeneous built environment we see in all globalized cities is an infrastructure, the point is how this environment is to be used. Which are the methods to live in this infrastructure in the best way? These contemporary sceneries, as infrastructures, are essential to the global economy, but they are indeterminate since they could be used in different ways. (Saskia Sassen)